ESTI | danzanti cieche

english version below
laboratorio e azione coreografica 
con 4 ragazze cieche 

concept Paola Bianchi
conduzione laboratorio Paola Bianchi e Marta Bichisao
con Carolina Liberato, Chiara Anselmo, Giulia Giancotti, Luana Bucchieri
staff scientifico Laura Gemini, Giovanni Boccia Artieri, Anna Paola Lovisolo, Alessandro Pontremoli
tutor Roberta Nicolai, Raimondo Guarino
sguardo esterno Ivan Fantini
progetto di residenza condiviso da L’arboreto - Teatro Dimora | La Corte Ospitale ::: Centro di Residenza della Regione Emilia-Romagna; Centro di Residenza della Toscana (Armunia Castiglioncello - CapoTrave/Kilowatt Sansepolcro); nell’ambito del progetto residenze coreografiche Lavanderia a Vapore
produzione PinDoc 
in coproduzione con Agar, Teatri di Vetro, Teatro Akropolis
si ringrazia Istituto David Chiossone per Ciechi e Ipovedenti, Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Genova
con il contributo di Mibac e Regione Sicilia


ph. Giulia Ferrando


Esti, in greco antico è la forma della terza persona dell’indicativo del verbo essere. Una affermazione, una dichiarazione di esistenza, una asserzione apofantica.
Caratteristica primaria della mia ricerca è la necessità di svincolare la trasmissione della danza dalla perfezione del modello, del mio corpo di coreografa. La modalità di trasmissione che sto sperimentando consente a qualunque corpo di incarnare qualsiasi postura e movimento assumendoli individualmente svincolati dall’insoddisfazione di un risultato fissato a priori.

Nel 2019, insieme a Marta Bichisao, ho sperimentato la trasmissione della danza propria del progetto ELP con 4 giovani donne cieche non professioniste. Abbiamo dovuto ripensare il concetto di spazio, e prestare estrema attenzione al suono (sia la qualità del suono che la sua provenienza nello spazio; la fonte del suono diventa inevitabilmente un punto chiave di orientamento). Abbiamo lavorato a occhi chiusi, sperimentando l'ecolocalizzazione e la percezione dello spazio attraverso il tatto (mani e piedi). Il tatto è inevitabilmente l’occhio delle persone cieche e così abbiamo immaginato il pubblico come una grande mano che passa sul nostro corpo cercando di capire cosa stiamo esponendo. Dal lavoro di ricerca è nata la performance ESTI. In virtù di un principio democratico di coesistenza, durante la performance abbiamo invitato una parte del pubblico a entrare in scena con le quattro performer, a chiudere gli occhi e ad abbandonarsi all’incontro con l’altro/a, a sperimentare la vicinanza attraverso il calore emanato dagli altri corpi. 

Avremmo dovuto proseguire il lavoro durante il 2020 per giungere alla creazione di una performance che avrebbe visto la presenza di danzatrici professioniste e danzatrici cieche non professioniste, ma purtroppo la pandemia ha interrotto il processo.


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english version

ESTI
workshop and choreographic action 
for 4 blind young women
Paola Bianchi in collaboration with Marta Bichisao


ph. Giulia Ferrando

Esti, in ancient Greek is the third person indicative form of the verb to be. An affirmation, a declaration of existence, an apophantic assertion.
The primary characteristic of my research is the need to free the transmission of dance from the perfection of the model, of my body as a choreographer. The modality of transmission that I am experimenting with allows any body to embody any posture and movement, assuming them individually, free from the dissatisfaction of a result fixed a priori.

In 2019, together with Marta Bichisao, I experimented with the transmission of the ELP project's own dance with four young non-professional blind women. We had to rethink the concept of space, and pay extreme attention to sound (both the quality of the sound and its source in space; the source of the sound inevitably becomes a key point of orientation). We worked with our eyes closed, experimenting with echolocation and the perception of space through touch (hands and feet). Touch is inevitably the eye of blind people and so we imagined the audience as a big hand passing over our body trying to understand what we are exposing. From this research work the performance ESTI was born. By virtue of a democratic principle of coexistence, during the performance we invited part of the public to enter the stage with the four performers, to close their eyes and abandon themselves to the encounter with the other, to experience closeness through the warmth emanating from the other bodies. 

We were supposed to continue the work during 2020 to create a performance with professional dancers and non-professional blind dancers, but unfortunately the pandemic interrupted the process.




























































































































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